13/09/2019 admin

Locarno, c'è Tony Hadley tra le chitarre

‘City of Guitars’ domani e domenica in Piazza Grande. A colloquio con l’ex Spandau Ballet: Bowie, Le Bon, Live Aid e quasi 40 anni di carriera (e non sentirli)
di Beppe Donadio

Attenzione. L’intervista che sta per cominciare non contiene la domanda “Allora Tony, com’è andata poi con gli Spandau Ballet?”, perché il frontman è di nuovo star a sé stante dal luglio del 2017. Sono cosa a sé stante anche gli ‘Spands’, che dopo l’addio di un altro cantante sono – è matematico – senza cantanti.

Con un album d’inediti (‘Talking to the moon’) uscito poco più di un anno fa, con dentro le ragioni dell’addio e quelle del ritorno, per il 59enne iron man londinese Tony Hadley (l’acciaio è quello delle corde vocali), domenica 15 settembre a Locarno sarà un ritorno in Ticino, abbracciato l’8 luglio 2016 nella notte di Estival Jazz in cui – senza privare gli affezionati di ‘Gold’, ‘True’ e ‘Through the Barricades’ – aveva portato sul palco di Piazza Riforma anche ‘Rio’ dei rivali (?) Duran Duran...

Prima di cominciare: bevi ancora birra con Simon Le Bon?
Sì, abbiamo bevuto insieme qualche birra in albergo un anno fa circa, dopo un concerto speciale in memoria di David Bowie. C’erano Sting, Joe Elliot dei Def Leppard e molti altri, suonavamo alla O2 Academy di Brixton con la superband di Bowie i suoi pezzi...

Da Brindisi alla Svizzera, dall’orchestra sinfonica alle chitarre...
Vengo da un ottimo spettacolo, accompagnato dall’orchestra Magna Grecia, hanno fatto un gran lavoro. Ero lì con Richie Barrett (chitarrista che lo accompagna da anni, ndr.). È funzionato tutto molto bene, tra poco ci imbarchiamo...

Destinazione Svizzera...
Non ci vengo spesso, ci sono stato un paio di volte, forse è scontato, ma principalmente per sciare (ride, ndr.). Ho fatto un paio di splendidi concerti lì, come a Lugano nel 2016, e non mi dispiacerebbe suonarci più spesso. Arriverò sabato sera per un evento privato, e la domenica sarò a ‘City of Guitars’.

Non sei proprio un chitarrista, ma avrai degli eroi chitarristici...
Certamente, Richie Barrell, non perché è nella mia band, ma perché é uno dei migliori con cui ho lavorato. Ma potrei citarti Jeff Beck, Eric Johnson...

In Italia la tua popolarità è così da ‘True’. Ti collegano alla Dolce Vita, un toccasana, un ‘Sono il Signor Hadley, risolvo problemi’...
Sì, potremmo parlare più in generale di nostalgia dei ‘good old times’, dei bei tempi. È vero, all’estero ricevo molta attenzione e molto rispetto come artista solista e l’Italia è un posto particolare. Ovunque vado, che si tratti del personale di sicurezza, di polizia o della gente comune, è sempre ‘fotografia!’. E ora che ognuno ha una macchina fotografica proprio non c’è modo di evadere dal selfie. Ma va bene così, lo fanno sempre con molto rispetto.

Ti hanno voluto Caparezza, Arisa, e in Svizzera Paolo Meneguzzi. Siete ancora in contatto?
Sì Paolo, ‘Grande grande grande’! (un solo ‘Grande’, Sanremo 2008, nella serata dei duetti, ndr.). Ci siamo rivisti per caso, due anni fa. Ci trovavamo entrambi a Santiago del Cile per suonare, ci siamo guardati e ci siamo riconosciuti. Facciamo molte cose in Cile. Lui va alla grande in Sudamerica, è una bella persona.

Il presente di Tony Hadley è ‘Talking to the moon’. Ho amato ‘What am I’, quello che sono. Era tempo di bilanci?
È una cosa voce, pianoforte e orchestra scritta con Mick Lister, che l’ha anche prodotta. Sì, è anche una canzone autobiografica, nel senso che vi si possono ritrovare anche altri. Viviamo in un mondo non unito che ha la pretesa di sapere chi sei, cosa sei, qual è la tua sessualità, la tua religione o qualsiasi altro elemento che appartiene al tuo privato. ‘What am I’ è una canzone sulla dignità, sul riuscire a essere se stessi ed esprimersi come si crede, e non come vorrebbero altri.

Questo era ‘Quello che sono’. Quello che sarai?
Sto lavorando su nuovo materiale, l’anno prossimo è il mio quarantennale in questo settore, il che significa che sono ufficialmente molto vecchio. Anche se vecchio non mi ci sono mai sentito e nemmeno mi sento ancora.

Un momento speciale dei tuoi meravigliosi anni 80? Se dico Live Aid?
Band Aid, Live Aid, incredibile! Nessuno immaginava che Band Aid (quelli di ‘Do They Know It’s Christmas?’, ndr.) avrebbe condotto a Live Aid, un evento così globale da Wembley Stadium a Philadelphia. A Londra si respirava un’atmosfera fantastica, c’erano tutti i miei eroi di ‘Top of the Pops’, Paul McCartney, Queen, Phil Collins, Bowie, artisti fantastici che ho adorato e con i quali sono cresciuto. Essere lì con loro e scambiare due parole sul palco fu impagabile.

Chiudo citando Caparezza: c’è 'Malincònia'?
Devo dire che non sono una persona particolarmente nostalgica, ma quella decade fu interessante per molti motivi. La fine dell’apartheid, della Guerra Fredda, la liberazione di Nelson Mandela, la Gran Bretagna che mutò completamente, politicamente ed economicamente. Band Aid a Live Aid cambiarono il modo di guardare alla beneficienza, da quel momento il mondo è stato più generoso in termini di raccolta fondi, in tutti gli ambiti, televisivi, sportivi.

Weekend a sei corde (anche vocali)
Organizzata da Tycoon Promotion, ‘City of Guitars’ è manifestazione aperta al pubblico di tutte le età completamente gratuita (nessun biglietto, nessuna tessera). Torna a distanza di un anno, riproponendo la formula ‘interattiva’ che porta gli spettatori su un palco vero a fianco di grandi nomi (vedi sopra). Oltre agli eventi su quello principale di Piazza Grande, si farà musica anche negli spazi della Sopracenerina, dalle 15 in avanti, all’interno di clinic e workshop dedicati a famiglie e ragazzi. Nei clinic, in particolare, gli artisti racconteranno la genesi delle canzoni e – segreti inconfessabili permettendo – i trucchi del mestiere (il programma completo su www.cityofguitars.com).

Fonte: laregione.ch